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Atto III: "Qoelet" o anche "Le caramelle sono finite"

Il sipario si chiude, abbiamo finito le caramelle, il tempo, le parole.
Te ne vai silenziosa, ti abbiamo messo una giacca ma sembri una contadina vestita a festa.
Si, la conosco la storia del tempo, ogni cosa ha il suo, che esista o no è così. Infatti non piango, ti ho vista andare via ed è stato come ascoltare una canzone che finisce, le ultime note si fanno sempre più lente, poi resta solo il vuoto.
Anche io vorrei morire così, come un notturno al piano che finisce, in modo così naturale che le lacrime arriveranno solo tra qualche giorno, (lo so).
Grazie per le caramelle e per avermi insegnato a raccontare.
Io scrivo perchè tu leggevi.
Io scrivo perchè tu amavi ricordare tutto.
Ed eccomi quà, tua creatura, palsmata dalla tua voce che in dialetto raccontava della guerra.
Non sono cresciuta con le favole io, tu parlavi di tedeschi e partigiani, io pensavo a Ulisse e lo immaginavo come Parri.
Tu che sapevi fare l'imitazione di mussolini (le maiuscole, nel mio Shtetl, le distribuisco consapevolmente) nel modo più divertente che io abbia mai visto, altro che Guzzanti...
"Che i fascisti, quelli, brutta razza. Tutti dovevano fare la fine di quello là, il pezzo grosso. A testa in giù, come hanno fatto con noi per vent'anni".
Grazie per avermi insegnato da che parte stare, come riconoscere le ingiustizie, come farsi sentire quando è il momento, ma sempre con grazia, siamo donne, "ricordatelo sempre anche se lavori nella merda".
Io ricordo, nonna.
Tu che nelle vecchie fotografie sei in piedi vicino alle tue amiche sedute, per non rovinare le pieghe della gonna che ti eri cucita da sola con la stoffa dei vestiti smessi della "padrona", copiando i modelli nelle vetrine e tenendo sempre un libro in mano.
Vedi come la magia rimane, come è passata di donna in donna seguendo una via precisa, quella delle parole.
Siamo cantastorie, apparteniamo al passato, una dinastia di contadine dei fogli bianchi. Zappare e seminare.
Metterci l'amore, "sennò le piante mica te li fanno i frutti!".
Io resto sempre quà, la bimba che, sola, passava le ore ad ascoltarti. Che ne sanno gli altri di questa magia.
Non te ne vai del tutto, insomma.   
Non mi rimane solo la scatola bianca delle fotografie. Di ognuna posso raccontare per ore ed ore, come te.
Arrivederci no, non te lo dico. Ora lo so che sono forte come te, dovevo solo rendermene conto.
Chi ci ammazza, a noi, "abbiamo passato anche il fascismo"!
Mia bellissima nonna, mi mancherai.
Grazie per tutte le verità e per tutte le bugie.

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